Un quadro come una pagina, su cui l’artista scrive la storia che ci vuole raccontare, ma che questa volta altri hanno raccontato prima di lui. È la storia lontana e presente della creazione, quando descrive il luogo della perfetta armonia dell’uomo con il creato. Il racconto si apre e si chiude nello spazio indefinito dell’Eden, che l’uomo è chiamato a coltivare e custodire. Il dipinto di Vicentini interpreta questo luogo sognato trasferendolo nello spazio del dipinto, di cui il pittore è custode. L’artista stesso si meraviglia di fronte alla sua opera, al risultato del suo coltivare. Il procedimento attraverso cui Vicentini realizza le sue opere ha strettamente a che fare con il comandamento divino: coltivare e custodire. Vicentini non dipinge direttamente la tela, che viene preparata con un trattamento neutro, come un campo pronto ad accogliere la semina. L’artista lavora in due fasi. Nella prima dipinge con ottimi acrilici, di cui conosce tutti i nomi e le caratteristiche. Il colore è però appoggiato direttamente dal tubetto sul foglio di polifoil, senza utilizzare il pennello. Sovrappone quindi un secondo foglio al primo e –questa volta utilizzando il pennello, seppure sopra la membrana trasparente- muove il colore creando forme e mescolanze solo in parte prevedibili. Con la delicatezza e la ritualità di un pittore di icone separa i due fogli su cui galleggiano i campi di colore. Inizia la seconda fase del suo operare, in cui la libera espressività cromatica viene imbrigliata. I fogli sono ritagliati nelle parti dipinte e poi disposti sulla tela. La particolare tecnica permette di scegliere per ciascun colore la versione opaca o il suo corrispondente lucido (visto nella trasparenza del supporto).
Vicentini è un pittore a tutto tondo, che si implica quotidianamente con l’antica arte dei colori. Ma nasconde un animo di scrittore ed è così che i suoi quadri sono “scritti”, con una grafia che non ha corrispondenze semantiche condivise, ma che segue ugualmente una rigorosa grammatica. In questo dipinto le forme dai colori “fragranti” (come li definisce Vicentini) sono imbrigliate dalle tre linee parallele di colori e dimensioni diverse che delimitano il campo della pittura e al tempo stesso alludono all’infinito, verso cui si dirigono. Come in un’icona c’è una profondità e una religiosità, sottolineata dalla presenza del color oro-bronzo nella parte superiore.
Il titolo “Custodire” riunisce il doppio significato di cura della memoria (il quadro è dedicato ai genitori dell’artista), sia la custodia della pittura.