Nella pittura figurativa il colore è uno degli elementi che permettono di comprendere cosa si sta guardando. Ma dall'inizio del Novecento il colore si svincola dalla sua funzione e diventa oggetto di indagine in sè, in quanto «luce, atmosfera, forma». È da questa premessa che muove l'esposizione monografica "Il colore come forma plastica. Percorso attraverso una forma d'astrazione" ospitata fino al prossimo 25 gennaio al piano terra delle Gallerie d'Italia - Palazzo Leoni Montanari, sede museale berica di IntesaSanpaolo. Nel 2012 la banca ha avviato il progetto espositivo "Cantiere del '900" con l'obiettivo di valorizzare la sua collezione di opere d'arte del Ventesimo secolo, ricca di oltre tremila pezzi. La mostra vicentina amplia un'analoga monografica già presentata a Milano, nella sede espositiva di piazza Scala. Ventotto sono le opere accolte da palazzo Leoni Montanari, tutte di artisti italiani, scelte dal curatore Francesco Tedeschi. L'allestimento, in spazi un po' angusti, segue un criterio in parte storico e in parte di risonanza estetica.
Non si può che iniziare dal Futurismo, con un piccolo quadro di Balla dov'è il colore a tracciare lo spazio. Accanto le assonanze tra i quadri di Alberto Magnelli, Silvano Bozzolini, dell'École de Paris, e un giovane Piero Dorazio che ritorna nello spettacolare Serpente di ventanni dopo. Proprio Dorazio è figura fondamentale di collegamento tra la via italiana all'astrazione e l'astrattismo di qua e di là dall'Atlantico. Condividono le sue ricerche Carla Accardi e Giulio Turcato, l'una rappresentata da una «grafia» intitolata "Verderosso", l'altro da una scultura colorata dal titolo "Struttura lignea" che meglio si direbbe pittura tridimensionale e da un quadro con nubi grigie su fondo vermiglio. Da qui è un diramarsi di esperienze artistiche che arrivano alla fine del secolo. Ecco il lungo rotolo «narrativo» di Guido Strazza, il feltrino Tancredi che coniuga Pollock a Mondrian; gli analitici come Mario Nigro, Elio Marchegiani, Giorgio Griffa e Vittorio Matino (che modificherà la sua visione nella successiva, splendida, tela intitolata "Viennese") impegnati a scomporre il quadro per vagliare la necessità di ciascuno dei suoi elementi; le apparizioni nel buio di Claudio Olivieri cui fanno riscontro le linee che depositano l'ombra sulla tela di Valentino Vago, un Carlo Battaglia che risuona nel colore del Rodolfo Aricò.
Non mancano le donne: oltre l'Accardi si ammirano un procedere per sfumature di Rosanna Rossi giustapposto ai contrasti di Carmengloria Morales. E i lunghi orizzonti di Claudio Verna, le pagine di Sandro Martini, il mandala di cera di Domenico Bianchi, la tridimensionalità virtuale di Ignazio Gadaleta, le allusioni architettoniche di Marco Tirelli, le tavolette che «assorbono colore» di Giorgio Vicentini, conducono al trittico del celebrato Ettore Spalletti. Tre poetici monocromi: "Cielo della sera", "Fiore di pesco", "Primavera".