Il gesto di Vicentini(ciò che resta di una lontana matrice informale) si è andato nel tempo liberando di ogni chiassosità, per raggiungere ambiti di silenzio assoluto. Qui l'emozione, il pulsare intenso della vita,l'innamoramento continuo (linfa vitale dell'esistere) e l'inevitabile crollo dell'illusione
(il dolore è il rivolto dell'amore), paiono come trovare una loro equilibrata e possibile sospensione, suscitata da un lento percorso di raffreddamento, cui contribuiscono certamente fasi esecutive distinte, in cui han valore i materiali, la loro sovrapposizione, le forbici, la stessa impaginazione. La dimensione artigianale del fare si mescola all'alchimia del divenire all'interno di una progettualità tutta interiore, dominata dall'intuizione primaria e condotta da una forza instintiva che contempla il caso, pur riducendone i margini di ambiguità. Ne scaturisce il tema,peraltro contradditorio, di una pittura che aspira all'assoluto (colore crudo),ma si nutre di storie. Una pittura che tende ad un gesto totale (quello e nessun altro) ma ne sottindende infiniti: quelli del pittore, dell'artista-artigiano, ma anche dell'uomo che vive di intensa quotidianità. Giorgio Vicentini è in questa contraddizione, fra l'ascetismo di un'arte sempre più rarefatta, dove il silenzio diviene il centro, la voce il fragore che scuote l'anima dell'artista e la storia della sua vita, la sua passionalità, il suo sentirsi esistere nella natura, nello spazio e soprattutto fra la gente, gli amici, la moglie e i figli. Una pittura fredda che nasce dal colore, emana calore: una umanità densa e nobile che discorre con l'eterno intuito ed amato.