Quante volte, nella storia dell'arte, il gesto e i colori hanno incontrato parole e versi. Ci sono stati pittori poeti (Marc Chagall) e poeti pittori (Eugenio Montale), autori che hanno scritto e dipinto senza soluzione di continuità (Carlo Levi), oppure dialoghi virtuosi fra maestri di linguaggi paralleli: Charles Baudelaire ispiratore ispirato dalle incisioni di Édouard Manet o, in tempi recenti, Vittorio Sereni altra voce, altri suoni per i sogni di Enrico Della Torre.
Fra tutti, Paul Klee visse in bilico fra le sue anime diverse. Artista, poeta, musicista, tormentato dall'antico dubbio sulla sua vocazione. «Poesia o pittura? - diceva – Dio sa cosa altro vorrei fare. In me certamente ondeggia un mare, perché sono sensibile. È una calamità esserlo, perché dovunque imperversa la stessa bufera, e non c’è un nume che domini il caos».
Giorgio Vicentini, oggi, abbraccia e cita con saggezza questa lunga letteratura della poesia che sposa il segno. E viceversa. Lui, che traccia in punta di pennello lettere spettinate dal vento come onde giapponesi, conosce la sinestesia, la contaminazione fra linguaggi tesi a raccontare la medesima storia. Non stupisce che, scorrendo le pagine di questo libro, i confini fra brani e dipinti siano liquidi. La mente – come direbbero gli studiosi della percezione e dei processi cognitivi – abbina per sua natura espressioni formali diverse qualora si tocchino nelle vibrazioni che emettono a livello inconscio, brachicardico. Lo ha testato Vasilij Kandinskij col suo celebre “suono giallo”, teoria utopica di una sintesi delle arti sublimata in una sfera immateriale dove suoni, colori e movimenti pulsano all'unisono.
Per Vicentini, la parola rosa, la rima acuta, la nota nera, abitano lo stesso luogo, lo spazio della narrazione: qui il sostantivo determina l'inclinazione di una linea sul piano, l'aggettivo accende i toni. Così le parole degli autori raccolti attorno alle sue tavole ne compenetrano il senso, l'umore, il palpito. Dove finisce la poesia e inizia la pittura in immagini come «le tinte polverose», «le scie dei guardrail», «il dorato muto del giorno», «a ridosso del verde»?
La parola “immagine” è, non a caso, sinestetica. Parola-immagine, un ossimoro armonico. La nuda pittura è allora punteggiatura pura, nell'aderenza morbida fra la descrizione e la sua rappresentazione.