Le gallerie lo amano per la sua capacità di interagire con il colore; i collezionisti lo apprezzano per la sua generosità: Giorgio Vicentini compie 70 anni e approda a Teelent.it “Un mio collezionista mi chiama per dirmi che una mia opera si era rotta. Si era formata una crepa nel legno. Lui era già andato da un mio vecchio mercante d’arte che però gli aveva risposto picche. Così ho deciso immediatamente di portare a casa del mio collezionista una mia nuova opera in cambio ancora più ricercata e attuale. Ho fatto la felicità di un collezionista che ora sta parlando benissimo di me e della mia generosità. Certo, l’ho fatto un po’ per mestiere, ma soprattutto per gratificare la sua fiducia nel mio lavoro. Se non sei generoso, non cambierà mai niente.” Insieme alla generosità verso gli altri, per Giorgio Vicentini, il rispetto verso sé stessi e l’attenzione a non tradirsi mai è una delle tre regole che ogni artista dovrebbe onorare per definirsi tale. Tre postulati che dicono molto di un artista aniconicoentrato da poco nella grande famiglia di Teelent. Giorgio Vicentini porta alla community di Teelent una grande freschezza. Di pensiero soprattutto. Il merito? “Mi frequento tanto. Sono insieme e me dal 1951. Sono 70 anni che mi frequento assiduamente. Sono spietato. Butto via tantissimo. Ogni mia “cosa” passa sotto a una specie di maglio schiaccia-tutto. Di notte, mi alzo e vado in studio. Con lucidità controllo. Scarto o rimetto al loro posto i lavori che avevo declassato. Le opere mi devono conquistare. Se non mi conquistano decido la loro eliminazine.” E continua. “Io lavoro molto con Giorgio Vicentini. Sono molto fraterno e cattivissimo con lui. Gli voglio molto bene e lo odio. Mi metto sempre alla prova, devo sondare il mio essere passionale ma anche delicato e intuitivo. Devo assorbirlo, frequentandomi o distanziandomi da me.In genere mi comprendo e sto bene. Ma mi capita anche di comprendermi e soffrire ugualmente. Per la prima intervista con Teelent ci ospita a casa sua a Induno Olona a pochi chilometri dal confine svizzero. Si presenta in giacca. Se la indossasse in un vernissage milanese si potrebbe confonderla per un capo originale di Cristian Lacroix con quelle macchie di vernice messe qua è la a simulare la realtà. E invece è proprio così. E’ davvero una delle tante giacche che Giorgio utilizza per lavorare. E dato che il colore è il suo lavoro, le sue giacche sono tutte puntinate, spruzzate, sporchedicolore. La moglie Marta non è proprio contenta di questo, mentre i colori sembrano esserlo. “I colori si fidano di me. Si fidano perché li amo. Sono un loro dolce schiavo. Secondo me il bianco e il nero hanno salvato tantissima gente, perché il colore è per sua natura tosto.” Un’affermazione che potrebbe far pensare a un artista chiuso nelle sue convinzioni. Invece Giorgio Vicentini è estremamente libero. Una libertà maturata negli anni. È il 1971 quando i critici e intellettuali Guido Ballo e Rossana Bossaglia sollevano Giorgio Vicentini dalla mischia per inserirlo in una sorta di integralismo micidiale, come lo definisce bonariamente lui. “Mercedes Precerutti Garberi di Milano che in quegli anni dirigeva il Castello Sforzesco e il Pac mi disse testuali parole: “Se vuoi far l’artista fai l’artista. Niente lavoro extra. Sei senza soldi? perfetto!” Vicentini ricorda quello status come un lasciapassare. “Il comunismo artistico è così. Se mi chiamavano da Milano rispondevo di non avere i soldi della benzina. Non avere denaro era per me un vanto. Dunque, eri un artista vero.” Giorgio Vicentini non nasce famoso. “Fino a quarant’anni ho fatto una fatica boia a vivere ma non ho mai accettato alcun compromesso. Rifarei tutto ciò che ho fatto. Presterei forse più attenzione a certi passaggi. Come dire meno buona la prima… Ma paura di non farcela mai. Economicamente ero un po' spaventato. Ho creato parecchi di marchi d’impresa che mi hanno dato di che vivere. Io scoraggio tutti quelli che sono molto bravi solo con la mano. La mano non basta ci vuole la TESTA!Dopo i quarant’anni qualcosa cambia nella vita di Giorgio. “Lavoravo tantissimo. Avevo uno studio anche in Svizzera. Ero però ero senza casa. Senza una casa dentro. Marta (mia moglie) me l’ha data.” Nella sua lunga carriera, Giorgio Vicentini ha trovato il supporto di tanti galleristi. “Intorno ai 40 anni ho avuto anche grandi delusioni perché davo troppa disponibilità. Ma poi ho capito come si deve fare. Alla base dei risultati di Giorgio Vicentini in quella fetta sottilissima che l’arte rappresenta nell’economia del mondo c’è sempre stata la sua capacità di selezionare il dove voler essere. Una scelta supportata dall’arte della pazienza e della costanza. Non essere un genio è stata la mia fortuna! Sono un uomo molto attento. Mi sono guadagnato giorno per giorno la mia reputazione senza mai saltare un gradino. Cammino sicuro su strade chiare e rimango.” Un pensiero che si forgia sulla consapevolezza di sapere sempre dove ci si trova rispetto al mondo. “Se un’artista, ma come qualsiasi altra persona, ha questa consapevolezza è già molto fortunato”. Giorgio Vicentini è come un libro. Aperto certamente, ma che necessita dell’impegno e nel contempo del piacere di leggerlo per apprezzarne ogni parola. Durante l’intervista prende un foglio, una matita e scrive il mio nome. Gesti arcaici. Come se si trattasse di un’incisione rupestre. Non più di 10 secondi. “Io mi diverto un mondo a scrivere. Ogni bambino che ho incontrato nel mondo ha il suo nome scritto da me. La mia icona è una parola dipinta. È difficile che io concepisca un lavoro se non ho una parola dentro, una frase, un verbo. La parola è la mia salvezza concettuale. Se io penso al bianco è chiaro che mi vengono alle mente le montagne, il ghiaccio, la madre, la pulizia, la Madonna, il candore. Tutto quello che si può immaginare ti salva e ti dà sicurezza. I professionisti come noi, ogni giorno, lavorano su questo, senza aspettarsi che dal cielo arrivi l’ispirazione. La freschezza di Giorgio si palesa in tutte le situazioni che prevedono un’apertura verso gli altri. Lo ha fatto anche nei social. “Il social è una grande piazza dove ci sono anche io. C’è posto per Tutti perché siamo in fin dei conti tutti uguali dentro. E questa condizione è bellissima. Si tratta di una democrazia davvero orizzontale.” Un approccio che lo ha portato ad amare Twitter tanto che sono presenti centinaia di interventi e opere di Giorgio Vicentini sul profilo di Radio3 per il quale ha postato moltissime idee e illustrazioni. Ma Giorgio è anche in Instagram. “Ognuno è responsabile delle proprie storie” racconta dal suo piccolo studio concettuale. Ogni idea nasce da un’intuizione mentale come quella che lo ha portato ad abbracciare il progetto Teelent. “Mi sono fidato perhè fidarsi è un sentimento di bellezza. L’ho capito non da molto. Far parte di una grande squadra mi da molta energia,ci credo e mi diverte. Mi sono messo in gioco, il mondo reale poi deciderà. E’giusto così. Non ci sono trucchi.